Con piacere nei prossimi giorni ritorno al Centro Addestramento Polizia di Stato di Cesena – dove sono stato tempo fa per attività di docenza – per tenere una lezione sulla disciplina della blockchain forensics e intelligence, con particolare attenzione alle problematiche legate al sequestro di bitcoin e criptomonete.
Le Forze dell’Ordine sono sempre più all’avanguardia nel campo delle indagini sulle criptomonete ed è un onore poter contribuire alla formazione di specialisti in grado di tracciare indirizzi e transazioni bitcoin, deanonimizzare wallet e svolgere attività di sequestro/confisca di criptovalute. Sempre più spesso infatti i reati vengono compiuti con l’ausilio di tecnologie all’avanguardia – motivo per il quale la digital forensics è una disciplina in rapida ascesa – incluse anche le transazioni in cryptovalute per pagamenti o riciclaggio.
Il money laundering infatti è uno degli aspetti più complessi da gestire in ambito di criptomonete, dato che i criminali spesso utilizzano sistemi di anonimizzazione come mixer e tumbler proprio al fine di nascondere le tracce dei bitcoin legati ad attività delinquenziali convertendoli in moneta “pulita” e priva di legami con le operazioni precedenti.
Allo stesso modo, si pone sempre più di frequente la problematica del sequestro di criptomonete come Bitcoin, Ethereum o altcoin che in ambito di processi civili o penali diventa necessario togliere dalla disponibilità del soggetto che ne detiene le chiavi private o i wallet. Le metodologie di bitcoin forensics per operare le attività di confisca di bitcoin sono diverse, così come anche gli strumenti, e nonostante non vi sia un protocollo standard le modalità di esecuzione cominciano a essere condivise tra gli operatori di Polizia Giudiziaria grazie ai primi casi in cui Pubblici Ministeri o Giudici hanno disposto il sequestro di portafogli contenenti monete matematiche.