Le indagini digitali ormai vertono sempre più spesso su contesti nei quali le transazioni economiche avvengono mediante servizi di pagamento online, uno dei quali sta aumentando di popolarità in particolare grazie all’assenza di controllo centralizzato e alla sua caratteristica di pseudo-anonimato: il Bitcoin. Esistono centinaia di criptomonete ma il Bitcoin è attualmente il più utilizzato e supportato, quasi fosse uno standard.
Nasce quindi l’esigenza di poter eseguire attività d’indagine sul Bitcoin finalizzate a scoprire chi è il proprietario di un indirizzo o di una chiave pubblica, chi ha eseguito transazioni e se possibile da dove, come è configurato il wallet di un sospettato o di un indagato e che cifre ha gestito e tante altre casistiche.
Queste informazioni non provengono (anche se vi si possono ritrovare) da PC o cellulari che analizziamo quotidianamente grazie alla computer forensics e alla mobile forensics, ma da una sorta di “database” online e distribuito chiamato blockchain, sulla quale i nodi della rete Bitcoin chiamati “miner” vanno a scrivere contribuendo così a far funzionare il sistema.
La raccolta di queste informazioni e la loro analisi, incrociata con dati provenienti dalla rete, dai wallet e da diverse altre fonti costituisce la branca della bitcoin intelligence, cioè l’intelligence applicata al protocollo Bitcoin finalizzata alla ricostruzione delle attività avvenute tramite monete matematiche come il Bitcoin ma non solo.